Informazioni personali

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Ufficialmente sono un'impiegata commerciale e tento di vendere qualcosa all'estero in un orario part-time che di part-time ha solo il nome. Nell'altra parte del "time", quella immaginaria, sono una casalinga disperata. Vivo da sei anni nella Gcasa con un megalomane egocentrico spesso in preda a deliri di onnipotenza che qui chiamo amorevolemente Ego e recentemente pare sia diventato mio marito, una Ggatta convinta di essere la padrona di casa e un Ggatto suo sottoposto. Sono sociofobica, germofobica e un altro paio di cose che finiscono con "obica". Sono silenziosa, amo le parole ma uso scriverle piuttosto che buttarle al vento. Dico sempre esattamente quello che penso ma solo se interpellata - quando apro bocca o ho fame o sono incazzata. Maniaca dell'ordine, del pulito e in generale della perfezione ma non a casa mia. Sono una tormentata, per motivi non ancora chiari, ma non ho tempo per disperarmene perchè ho da correre alla ricerca della perfezione di cui sopra. Per i pregi purtroppo non c'è più spazio. Ballerina mancata, nella prossima vita vorrei fare l'ereditiera depressa, scrittrice nel tempo libero. Sogni nel cassetto: pubblicare un libro e girare il mondo.

lunedì 2 luglio 2012

Il mio capo non c'è

e io sono ferma. ho bisogno di due sue risposte per andare avanti nel lavoro, lui stamattina non si è presentato e io sono qui che bollo e mi sento il peso dell'azienda sulle spalle, come se fossi l'unica a lavorare qui dentro. Ego non ha tempo o voglia per dedicarsi alla nostra relazione a pezzi e io rimango ferma, bloccata e bollo bollo bollo. La mia vita è completamente in mani altrui, se le me lo avessero detto anni fa non ci avrei mai creduto. Sono una pentola a pressione che scoppietta e manda fumi caldi in faccia a chi passa. Per ammazzare il tempo organizzo, compro cose, sogno, faccio quadrare conti. sono le uniche cose che mi sento in potere di poter fare da qui, sul gas. non sono altro che una marionetta in attesa che qualcuno ne raccolga i fili aggovigliati a terra. e sono triste. ho una tristezza dentro che ha il rumore del mare, il mare nelle orecchie della pressione alta. mi sveglio tra le onde e rischio di annegarci dentro ogni volta che casualmente nella giornata si crea una pausa, una qualsiasi. il rosso al semaforo e la sigaretta finita. il bagno occupato seduta sul frigo. il telefono che suona mentre dall'altra parte qualcuno tarda a rispondere. poi riemergo afferrata violentemente per i capelli dai doveri di ogni giorno, da una cena da preparare, da un impegno orami preso. La mia tristezza è una mare blu che se per sbaglio ti tappi il naso e vai giù, non sali più. quei mari neri, scuri, che non sei in vacanza, non rassicurano, non rinfrescano.
Il tempo scorre e io potrei non accorgermene. Gli eventi si ripetono, per ricordarmi che è passato un anno, che ne sono passati due. L'anno scorso in questi giorni mia nipote nasceva, la pancia di sua madre si trasformava in un esserino dalla pelle rosea e lo sguardo divertito. ieri abbiamo festeggiato il suo primo compleanno, ricordo il dolore di quel giorno, uguale al dolore di ieri. è passato un anno e in un anno non è cambiato niente. Ogni giorno mi sembra di raccogliere un grosso macigno e portarmelo appresso fino a sera. Lo metto a tracolla perchè gli ho cucito una tracolla in corda con fili gialli e verdi e qualche pallino colorato infilato qua e là. tiene il maciglio ben attaccato con due fiocconi di stoffa a fiorellini. è una tracolla bellissima, che ho fatto con le mie mani, perchè se c'è una cosa che io so far bene e far sembrare la merda - cioccolato, al primo sguardo. un tocco di me in tutto quello che faccio, anche al mio dolore che è pazzo invece di essere discreto e silenzioso come tutti i dolori. è pazzo e travolge tutto, comanda lui ormai. Il macigno pesa, tutto il giorno, mi fa essere perennemente stanca e affaticata. gli ostacoli quotidiani che si supererebbero con un balzo a piedi uniti, per me sono insormontabili con lui che pesa lì attaccato. rientare in casa la sera, portarmelo su per due rampe di scale, entrare in quel vortice colorato di foto che ritraggono immensi sorrisi, sogni, speranze e amore, decisamente troppo amore.. è stremante. A volte mi guardo allo specchio appena entrata in casa, posato il macigno su di un piede, e non riconosco Micol nello specchio. è una Micol più vecchia, più magra e con i capelli più lunghi, una Micol stanca, un po accaldata ma spratutto una Micol arresa. arresa al fatto che questa volta, questa scelta, questo azzardo, è stato un fallimento. arresa al fatto che non Ego non è più "un periodo di crisi" ma è una crisi e basta. una crisi d'identità, una crisi esistenziale.
Vorrei essere dall'altra parte del mondo, da sola. o forse no. perchè alla fine io odio stare da sola. ma non vorrei che ci fosse lui, vorrei che lui sparisse lontano lontano,senza lasciare sedie vuote o il suo profumo in giro. evaporasse, tornasse da dove è venuto, senza fare rumore. vorrei risanare il grande buco che ho dentro, dandogli il tempo di rimarginare da solo senza mettergli certotti qua è là, buttare il macigno giù da un dirupo e sentirmi finalmente leggera, libera di correre ad ali spiegate, di saltare gli ostacoli a piè pari, di pensare in là sorridendo. 

Io lo so che cosa devo fare, ma ho paura di annegare.