Mioziofacciadimerda
Miaziafacciadimerda
Miacuginadeficiente
Miamadredeficiente 1/2
per amore? non prendiamoci in giro.
puoi avere un animo sucube e masochista ma dopo trent'anni che - a tuo dire - il tuo compagno di vita ti fa vivere di merda, se accetti di continuare con quella vita, qualcosa nel tempo deve cambiare. non sei una moglie così, non sei una moglie devota e
innamorata, non continui a farti carta straccia per lui ogni volta che la situazione lo richiede. un limite deve esserci, un limite temporale, un limite al sentimento che deve diminuire o almeno cambiare, adattarsi alla situazione. voglio pensare che la stima e la fiducia siano risorse esauribili se non lo è l'amore. per me è palese che non è stato tutto così schifoso, così terribile come lei lo disegna. E le altre esperienze con lei me lo confermano, ho provato sulla mia pelle il suo livello di attendibilità. Non è rimasta
per me come dice, perchè io sono arrivata quando le era già ben chiaro
come sarebbe stato il suo matrimonio. Non è rimasta per amore perchè
sennò adesso non lo rinnegherebbe. E'
rimasta perchè non poteva fare altrimenti, perchè sentiva di non avere altro posto in questo mondo.
Io ho iniziato ad avere una percezione più
reale delle cose grazie al confronto con i compagni di scuola e le
compagne di danza, ed è stato lì che mi sono resa conto che
mia madre aveva qualcosa che non andava. non era normale che non facesse le telefonate, che avesse paura di parlare a una
cornetta e che quindi non rispondesse nemmeno al telefono se mio padre
non era in casa. non era normale che io non potessi fare merenda
uscita da danza come tutti gli altri ma dovessi arrivare a casa a farla
anche se la merenda era lì, nello zaino. questa cosa proverò a spiegarla
ma temo che nessuno la capirà, perchè le poche persone a cui l'ho
raccontata non l'hanno mai capita: mia madre si vergognava di avere una
merenda solo per me e non una per tutti i bambini. e non è che le altre
bambine ne avessero una per tutta la classe di danza, ognuno tirava
fuori la propria merenda e se la mangiava, molto semplicemente. io
invece a meno che non avessi due merendine e fossimo in due - e potessi
quindi offrire la merendina in più all'altra bambina che ovviamente
rifiutava perchè aveva la sua - non potevo mangiarla davanti agli altri.
così tutti mangiavano e io no, facevo poi merenda a casa. Giunse il
tempo degli inviti a casa di questo e quello per giocare. io non potevo
invitare nessuno a casa senza prevviso mentre si usciva da scuola
dandosi appuntamento alle quattro come facevano tutti gli altri. io
dovevo chiederle giorni prima e se lei riusciva ad organizzarsi in modo
che per quel giorno la casa fosse perfettamente pulita e scintillante
allora lo potevo fare. ma il vero problema era quando andavo io a casa
degli altri con una lista di cose che non potevo assolutamente fare a
terrorizzare i genitori . Io non
potevo andare al bar sotto casa a comprare il calippo, così guardavo le
amichette andare dal balcone in compagnia della nonna dell'amica. non
potevo andare sui pattini senza le ginocchiere, il casco e le
gomitiere. alcuni genitori mi facevano fare le cose lo stesso
raccomandandomi di non dirlo ai miei, altri terrorizzati mi
controllavano a vista e trattavano come fossi un handiccappata. più si
cresceva, più i miei problemi diventavano seri, c'erano gli amici con
la casa in campagna e si andava a fare le scorazzate nei campi con il
trattorino a benizina, gli amici con la piscina con l'acqua che ci
arrivava alle ginocchia e io dovevo avere i braccioli a unidici anni. il
mio carattere, inutile dirlo, era insicuro, debole e fragile, a specchio
di mia madre, e se ci aggiungiamo anche che ero una bimba grassottella
con le lentiggini e che i bambini a quell'età sanno essere davvero cattivi... sono stati anni terribili per me, che hanno probabilmente
formato questo mio caattere di merda di adesso. La psicologa mi ha detto chiaramente che potevo diventare un emarginata sociale con gravi problemi di autostima, o una merda con scarso autocontrollo della rabbia.. e mi pare evidente che nella sfortuna della situazione mi sia ancora andata bene. Le cose si son fatte
davvero tragiche quando siamo diventati adolescenti e si è iniziato a
uscire, ma purtroppo e per fortuna, quel
periodo ha coinciso con il rigetto del rene di mio padre dopo sette anni
di onorato servizio. I miei si sono trovati catapultati di nuovo nel mondo
della dialisi, con macchinari completamente nuovi con lo schermo e tanti
suoni e luci... e il corso di formazione per avere l'autorizzazione per farla a
casa da rifare da capo. Ecco che da fagotto sotto la campana di vetro che ero mi sono
state consegnate le chiavi di casa e il permesso di tornare a casa a
piedi da sola da scuola. tutti i pomeriggi liberi da sola, libera di
uscire, di invitare chi volevo, di fare le telefonate che volevo. Qui è
iniziata la mia ribellione, perchè da una parte sentivo di aver finalmente
avuto accesso alla mia individualità, dall'altra questo abbandono
totale da parte di chi fino al giorno prima mi teneva le briglie era difficile da accettare... A scuola ci facevano tutta questa propaganda
contro le malattie alimentari, avevo letto tutti quei libri su queste
ragazze anoressiche, bulimiche, e anche se ero consapevole che più
magra di così non avrei potuto essere, decisi che indurmi a vomitare
di tanto in tanto avrebbe attirato di nuovo l'attenzione su di me, che ne
meritavo di più di mio padre. Gli anni che ne seguirono furono qualcosa
dal quale ancora non mi spiego come ne sia uscita indenne, la mia
adolescenza è catalogata negli annali familiari come epica.
io non concordo perchè so che non si è trattato della
classica crisi della teenager in botta ormonale ma se mai di questa
messa in una situazione psicologicamente incopportabile con una madre
bambina incapace di gestirla. Qui però non si parla di me ma di lei, di
come a quel punto si sia resa conto che il suo giocattolo non era più tale e quindi ormai del tutto inutile alla sua
vita se non un elemento di disturbo. ancora adesso non riesce ad
accettare che io sia una persona, una persona vera esattamente come lei.
non era questo che lei voleva, voleva qualcosa che continuasse in
eterno ad avere bisogno di lei per vivere, che continuasse a renderla
utile ogni giorno , io invece arrivavo a casa con metà testa rasata, gli
occhi pittati di nero, non mangiavo e mi chiudevo a chiave in camera con la musica a palla. Il
probelma, solo con l'aiuto della mia analista sono poi riuscita a
vederlo con chiarezza, fu che lei invece di mantenere la posizione di
madre si mise al mio livello, e questo giustifica le liti tirandosi i
capelli, le reciproche mani addosso, la ricerca di approvazione da parte
di mio padre, al pari di due sorelle in contrasto. la cosa finì solo
quando io la superai, crebbi e iniziai io a lasciarla perdere assumendo
il ruolo di adulto tra i due, perchè nemmeno quando mio padre si rese
conto che mi stava rovinando la vita e la mandò via di casa per un
periodo le servì a capire e cambiare strada. Da quando iniziai a
lavorare, a pochi mesi dai miei vent'anni, e quindi a non essere mai in
casa per la maggior parte della giornata, tra noi venne a crearsi
finalmente il silenzio. La pace, un indifferenza reciproca, un ignorarsi
che pareva una canzone di trionfo, di liberazione. e questa pace fatta
di convenevoli, di cortesia, di educazione, di superifcie, rimase tale
fino all'anno scorso, fino a quando mio padre non decise di mandarci
finalmente a stendere tutte e due e andarsene all'altro mondo.
E io mi ero illusa, per le prime ore almeno, che però fosse ormai tutto cambiato. che il dolore ci avrebbe unito, che avremmo trovato un modo per sopravvivere l'una all'altra, che ci saremmo inventate un rapporto che non c'è mai stato. mi sono illusa che quindici anni fossero passati anche per lei.
E io mi ero illusa, per le prime ore almeno, che però fosse ormai tutto cambiato. che il dolore ci avrebbe unito, che avremmo trovato un modo per sopravvivere l'una all'altra, che ci saremmo inventate un rapporto che non c'è mai stato. mi sono illusa che quindici anni fossero passati anche per lei.
....to be continued
Quando i racconti sono così intimi è sempre difficile commentare. Si ha quasi la sensazione di entrare di soppiatto nella vita di un'altra persona. Posso solo immaginare il dolore e la frustrazione. In parte lo capisco. Mia madre, come la tua, non mi ha permesso di vivere un'infanzia e un'adolescenza del tutto serena. I rapporti con i genitori, purtroppo o per fortuna, plasmano la nostra vita. Poi arriva il giorno in cui capiamo che dobbiamo staccarci. Che siamo persone diverse. Non migliori, ne peggiori. Solo diverse. E, soprattutto, che ci apparteniamo. Io l'ho capito dopo otto sedute di psicoterapia. E forse ce ne sarebbero volute altre.
RispondiEliminaUn abbraccio bella
Io è quando sento certe storie che mi blocco sulla faccenda figli, in generale, per l'umanità. Guarda cosa ancora di peggio sarebbe potuto capitare a te che già porti simili fardelli dal passato. Comprendo benissimo. Io adesso me la spasso ma se cambiasse qualcosa? Come sarebbero i rapporti ora ben incanalati con certe persone? Mi tornerebbe un treno in faccia?
RispondiEliminaUn giorno vengo a trovarti o ci troviamo a metà strada, te lo prometto.
Potremmo scrivere epiche epopee!
Ti abbraccio amica