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Ufficialmente sono un'impiegata commerciale e tento di vendere qualcosa all'estero in un orario part-time che di part-time ha solo il nome. Nell'altra parte del "time", quella immaginaria, sono una casalinga disperata. Vivo da sei anni nella Gcasa con un megalomane egocentrico spesso in preda a deliri di onnipotenza che qui chiamo amorevolemente Ego e recentemente pare sia diventato mio marito, una Ggatta convinta di essere la padrona di casa e un Ggatto suo sottoposto. Sono sociofobica, germofobica e un altro paio di cose che finiscono con "obica". Sono silenziosa, amo le parole ma uso scriverle piuttosto che buttarle al vento. Dico sempre esattamente quello che penso ma solo se interpellata - quando apro bocca o ho fame o sono incazzata. Maniaca dell'ordine, del pulito e in generale della perfezione ma non a casa mia. Sono una tormentata, per motivi non ancora chiari, ma non ho tempo per disperarmene perchè ho da correre alla ricerca della perfezione di cui sopra. Per i pregi purtroppo non c'è più spazio. Ballerina mancata, nella prossima vita vorrei fare l'ereditiera depressa, scrittrice nel tempo libero. Sogni nel cassetto: pubblicare un libro e girare il mondo.

mercoledì 21 maggio 2014

Quella che già sappiamo

Mianonnadeficiente
Mioziofacciadimerda
Miaziafacciadimerda
Miacuginadeficiente

essere una storiaccia piuttosto lunga, stava rischiando di diventare davvero infinita. perchè Micol, miss prevedibilità, si è arenata nel punto di rottura. arrivata al collante, al momento catartico, insomma alla Mammadeficiente, il suo spirito vigliacco e camaleontico l'ha spinta a procrastinare il più possibile. ma poi si sa, in quel mare di difetti Micol ha anche un forte senso del dovere... per cui, eccoci qui. 
ed è anche una brava persona, per cui questa puntata ve la divide in due parti... che il vostro tempo è prezioso.

Per i miei primi quattro/cinque anni di vita per me esisteva solo mia madre. non poteva essere altrimenti, era la madre che qualunque bambino di quell'età potesse desiderare. una madre tutto si, tutto certo amore, certo tesoro, mi metteva l'acqua di colonia della Carica dei Centoeuno sul collo e sui polsi prima di uscire di casa e un fazzoletto di stoffa profumato di ammorbidente e stirato a triangolo nella tasca del vestito. Non poteva essere che così sopratutto perchè mio padre era l'esatto contrario, era un padre tutto no, tutto perchè ho detto di no, invece di darmi la mano per attraversare la strada lui mi prendeva da un polso e stringeva così forte da farmi male. A quell'età non potevo capire che mio padre era un trentenne immaturo. non potevo capire che era depresso perchè il primo trapianto era andato male e ora aspettava la chiamata della vita, il rene nuovo, per poter smettere almeno qualche anno di dipendere da una macchina e tornare ad andare nei boschi con i suoi amici a sparare alle lattine in fila con i fucili a piombino. non potevo capire che il suo muso lungo e i suoi scarsi sorrisi erano dovuti a quel dolore, quel dolore costante a quelle due dita viola che lo hanno tormentato tre anni prima che finalmente gliele tagliassero via. D'altronde nessuno si è mai preso il disturbo di spiegarmelo, mia madre mi diceva che papà era fatto così e che me lo dovevo tenere, perchè probabilmente era così che lei faceva. Solo molti anni dopo iniziai a rendermi conto che mio padre era si un arrogante viziato ma che mia madre oltre a lamentarsi alle sue spalle non faceva nulla per fargli capire che mi faceva del male, e non solo ai polsi. Lei si è sempre nutrita di situazioni che la vedevano vittima, reali o immaginarie, coltivandole perchè non cambiassero e lamentandosene dietro. Avevo tredici anni, evidentemente troppo pochi, quando MiaZia, moglie del fratello di mio padre, provò ad istradarmi verso una comprensione più sottile dell'animo di mia madre. Eravamo in piscina, una giornata da sole io e lei, l'unica che abbiamo mai avuto. non credo che quel discorso fosse così opportuno quel giorno, in quel momento, ma obbiettivamente non avrebbe mai più avuto la possibilità di farlo ed è un po' come se già lei lo sapesse. Mi ha fatto notare che mia madre era la figlia di mezzo, quella non abbastanza piccola da essere giustificata ma nemmeno abbastanza grande da essere responsabilizzità. quella con una posizione mobile a seconda della necessità, quella senza identità. Ha provato a spiegarmi che è stata educata al servilismo, quello vero, in cui la persona servile si fa pattume per il servito, si priva di qualsiasi forma di dignità e diventa un essere senza bisogni, senza vita propria, la cui esistenza vi è al solo scopo di servire l'altro. Sono convinta che MiaZia volesse farmi collocare mia madre nella giusta posizione, in modo che un giorno io fossi in grado di trattarla con i giusti pesi e le giuste misure e non la condannasi più del dovuto. certo MiaZia non sapeva cosa mia madre avrebbe poi fatto molti anni dopo. perchè lei le voleva un gran bene, arrivavano dallo stesso paese ma avevano dieci anni di differenza, quando mia madre arrivò in famiglia MiaZia c'era già da un bel po', mia madre ne aveva diciannove e MiaZia la aiutò a da imparare a gestire una casa, un martito, a preparare un sugo, a sopravvivere alla famiglia.
Sono stata sicuramente condizionata da questa informazione, lì per lì non la capìi proprio ma quei concetti mi rimasero lì per anni e piano piano la vita mi mise a disposizioni gli strumenti giusti per elaborarla, sopratutto dopo la morte di MiaZia. non saprò mai se davvero la personalità malata di mia madre deriva dalla sua infanzia, questa è l'interpretazione di MiaZia e non un giudizio assoluto, ma io dopo anni passati a pensarci su sono covinta di sì. che se mia madre avesse avuto due genitori diversi, avesse avuto un infanzia diversa, la sua personalità debole non si sarebbe compressa e plasmata a creare questo concentrato malato. e non parlo del gene della follia, quello è evidente che sia una tara genetica del paretadodeficente.
Avrebbe voluto studiare ma non le è stato permesso, questo è per lo meno quello che lei racconta. la sorella aveva studiato e il fratello dopo avrebbe studiato, e invece lei no, dopo le scuole medie ha iniziato a fare la babysitter, anche di un bambino disabile - cosa di cui lei si fa vanto ancora dopo trent'anni. non so altro della sua vita fino all'arrivo di mio padre. per lei è stato la salvezza, il suo posto nel mondo, il vero significato della sua vita arrivare su due gambe dagli occhi verdi. e questo potrebbe sembrare qualcosa di molto romantico, a testimonianza di un amore profondo, ma non lo è. una ragazza di diciassette anni che da quando è nata si è sempre sentita seconda e ha sempre trovato un senso alla sua vita soltanto nel servire gli altri, crescendosi il fratello più piccolo, rinunciando alle cose perchè le potesse fare la sorella più grande. chissà in quegli anni cosa pensava, sua sorella se ne era appena andata di casa con un uomo orribile ma pur sempre un uomo... che l'aveva sposata permettendole di incominciare una vita sua, fuori da quel contesto genitoriale di padre padrone e madre matta. mio padre è arrivato con la sua vita pesante, una malattia cronica che richiedeva pietà, compassione e aiuto... che erano esattamente le cose che lei aveva da dare, tutto quello che lei aveva pronto da offrire. Non penso che mia madre non amasse mio padre, semplicemente penso che lo amasse di un amore malato, un amore che era un risultato di tante pezze da mettere qua e là. Si sono conosciuti tramite un amica in comune, al loro primo appuntamento mio padre è andato a prenderla con il macchinone di mio nonno, per fare bella figura - mia madre si è tolta le scarpe dopo pochi minuti e gli ha messo i piedi nudi sul cruscotto. per tre mesi lui le ha tenuto nascosto la malattia, temeva che lei scappasse a gambe levate così un giorno si e un giorno no per giustificare l'assenza gli diceva che doveva andare in giro con suo padre per lavoro, a recuperare la testa di un motore a torino, a prendere dei pezzi in demolizione a milano, eccetera eccetera. E mia madre non solo non scappò, ma si offrì di imparare, fare i dovuti corsi di formazione in modo da sostituire mia nonna nella dialisi domiciliare. E a tre anni da questo voto di vita arrivò l'altro, quello necessario, il matrimonio. la casa era pronta per loro uguale a quella del fratello di mio padre e la moglie, attaccata alla loro, due case a loro volta attaccate a quella dei miei nonni. i balconi erano comunicanti, c'erano i citofoni in tutte le case a permettere una comunicazione diretta in qualsiasi momento, la caldaia era comune così come l'acqua minerale che arrivava in bottiglie san bernardo di vetro con il camion una volta a settimana pagata da mia nonna e il pane tutte le mattine, un sacchetto ciascuno che andava a comprare la governante di mia nonna. Mio padre aveva sempre soldi in tasca prima, dice mia madre, ma dal giorno successivo al matrimonio tutto cambiò, soldi non ce n'erano più ma c'era tutto questo, ed era impossibile rinunciarvici perchè serviva e perchè avrebbe creato rotture nei rapporti e loro non potevano permetterselo. mio padre lavorava nell'azienda di famgilia stipendiato a miseria ma comunque più retribuito di quanto sarebbe stato in qualsiasi altro posto lavorando a giorni alterni con un contratto di invalidità e mia madre non poteva lavorare se doveva assisterlo nelle dialisi. Mia madre, dice, credeva di andare a fare una bella vita, di andare a fare la signora. La realtà è che lui l'ha fatta entrare nella sua via come si fa entrare la donna delle pulizie in casa propria... hai le chiavi solo perchè devi poter entrare a fare il tuo lavoro e uscire, puoi metterti il panino in frigo, accendere la radio e andare in bagno se ne hai bisogno ma il frigo, la radio e il bagno sono miei. Sono convinta che mio padre la amasse davvero, di un amore vero, un amore comune. e sono convita che negli ultimi dieci anni di vita insieme la amasse ancora di più, che il suo amore per mia madre sia andato crescendo insieme a lui, che abbia seguito la sue evoluzione da ragazzino viziato a uomo, avvenuta in maniera molto più lenta rispetto a quanto natura prevede. Non lo giustificherò perchè è il mio padre adorato o perchè è morto, mio padre è stato un marito orribile per buona parte del matrimonio sopratutto se consideriamo che trattasi di una moglie che ha scelto di dare la sua vita in favore della sua malattia. che poi mia madre cercasse esattamente questo e non potesse fare altrimenti è un altro discorso. mio padre era uno stronzo arrogante figlio e fratello di stronzi arroganti. I miei nonni avevano costruito un impero da giovani, negli anni del boom economico erano una delle famiglie più ricche del paese e questo mischiato alla superbia di mia nonna aveva generato due figli egocentrici e presuntuosi. Il primo un vero e proprio mostro - che avrà una puntata tutta sua, e il secondo decisamente più umano ma tallone d'achille della famiglia in quanto ammalato a quattordici anni. Alla fine, a 54 anni, mio padre era una persona fantastica, un animo buono e generoso, un intelligenza profonda e riflessiva... ma per arrivarci oltre alle sue pene infernali personali dovute alla malattia, ha passato anni di superbia, di egocentrismo, di arroganza, di maleducazione. Per lui la sudditanza di sua madre era così scontata, così giusta, così ovvia, da dover essere accettata e onorata da tutti, senza obiezione alcuna. non lo biasimo, ci è nato così, ha visto suo fratello, suo padre, i suoi nonni, i suoi zii, rispettare questa condizione e non prendere nemmeno lontanamente in considerazione l'idea di contestarla. Mia nonna comandava. lei decideva, che si trattasse delle piastrelle da usare nel ripristino del terrazzo, delle spese che potevi affrontare oppure no, e gli altri eseguivano. Dava ai figli il minimo indispensabile per vivere pagando lei tutte le spese di casa e le bollette, in modo che dovessero chiedere a lei per qualsiasi extra. e se chiedevi lei dava, ma dovevi chiedere. in questo modo li teneva per le palle, ricorreva a subdoli giochetti di suggestione morale quando ricevava il minimo dissenso così come ripiegava su grossi regali laddove c'erano torti da riparare. In cambio, a parte il sottostare a questo regime, si doveva essere a disposizione per qualsiasi cosa. per la commissione improvvisa, per preparare un brodino in caso di influenza, per prestare il frullatore e non vederlo mai più tornare indietro. Quando mio padre subì il primo trapianto di rene e rimase tre mesi ricoverato in ospedale, per quei tre mesi mia nonna non diede lo stipendio a mia madre. ogni tanto il fratello di mio padre le allungava cinquantamilalire più che altro perchè non stesse a torino tutti i giorni con il portafoglio vuoto. Mia madre si mise d'accordo con l'asilo per pagare la retta con qualche mese di ritardo e potermi lasciare li a pranzo in modo da potermi dare solo una minestrina la sera e lei non cenava. questo me lo hanno raccontato in tanti, con i particolari personali di ognuno, ma io l'unica cosa che mi ricordo è che non volevo essere mollata all'asilo tutto il giorno e che piangevo a pranzo con la maestra Roberta che mi imboccava a forza. Dopo qualche anno invece, la nostra condizione mi fu chiarissima. loro non facevano un granchè per nascondermelo anche se ancora non capivo che quando tornavamo dalle vacanze estive mangiavamo pranzo e cena da mia nonna anche per un mese perchè lei non dava a mio padre lo stipendio del mese in cui eravamo stati al mare quindi non si poteva fare la spesa. credevo che i miei genitori fossero dei disorganizzati e gli dicevo è mai possibile che non riusciamo ad andare un attimo al supermercato con la macchina? Pare che i primissimi anni di matrimonio siano stati molto peggio, perchè io sono arrivata dopo quattro anni, anni durante i quali non volevano figli salvo poi cambiare idea un giorno di comune accordo... o almeno questo è quello che mi hanno raccontato. Secondo me nel fatto che mia madre non volesse figli vi sono tantissime risposte. Un giorno ha iniziato a rendersi conto che la sua vita sarebbe stata tutta lì, tra quelle mura non sue, con quell'uomo burbero e ingrato, con quella strega pochi metri più in là a disporre i comandi della loro vita, senza un quattrino in più in tasca... proprio come da ragazzina. così ha deciso di continuare con la sua ragnatela di vita, di cercare qualcos'altro che la impegnasse, che la facesse sentire utile alla vita, che le desse un senso. e cosa meglio di un figlio? che almeno per i primi anni mangia e caga solo se tu sei lì, se ci sei, se esisti. Si sono sposati a maggio e, mia madre racconta, a settembre lei se ne voleva già andare di casa. così come racconta che rientrata dall'ospedale dopo avermi partorito mia nonna gli fece una sfuriata perchè mandò mio padre a fare dialisi all'orspedale ancora qualche giorno invece di riprendere subito il servizio. 
Il punto non sta tanto nel fatto che mio padre non si ribellasse a questa condizione ma che lui, così come il fratello, non permettesse alla moglie nemmeno di pretendere un minimo di rispetto verbale, che non ne pretendesse lui per lei, che alla minima lamentela indicasse la porta di uscita alla moglie senza mai staccarsi dal ramo materno e andare formare una vera coppia... mantenendo un muro invisibile tra la famiglia e le mogli, ospiti riguardevoli delle loro vite.
Quando iniziai a crescere ed avere bisogno di cose, giochi, vestiti, la maglietta che avevano tutte le mie compagne, la guerra fredda si tramutò in una vera batteglia a fuoco aperto giorno per giorno. dopo serate di litigate furibonde in cui mia madre faceva vedere a mio padre che il giubotto dell'anno prima mi lasciava fuori venti cm di braccia sballottandomi da una stanza all'altra con addosso il piumino, si partiva in un silenzio terribile per la volta del paese accanto dopo la scuola a comprare il fatidico giubotto. vedevo un sacco di cose che mi piacevano e a volte mia madre riusciva a comprarmi di nascosto anche una maglietta e infilarsela in borsa prima di uscire, tanto mio padre stava fuori dal negozio ad aspettarci. Mi ricordo queste cose eppure fatico davvero tanto a tenere presente che quell'uomo lì e lo stesso che ho seppellito un anno fa, il mio migliore amico, l'amore della mia vita. Mia madre ci ha messo degli anni a raggiungere piccolissimi traguardi. dopo il secondo trapianto, periodo durante il quale ha quasi messo le mani addosso a mia nonna per farsi dare dei soldi, è riuscita ad ottenere la firma sul contocorrente di mio padre e parecchi anni dopo ad avere un secondo bamcomat per lei. ricordo gli arrivi di mio padre con gli estratti conto in mano e mia madre che non si ricordava come aveva speso le venti milalire in più... gli urli, mio padre che lancia cose per casa e mia madre che per protesta non prepara la cena e si chiude in camera così io e mio padre finiamo a mangiare toast guardando tom e jerry. Odiai mio padre davvero quando mi presero ad un corso di danza a numero chiuso... danza classica di un livello avanzato, dove sarei stata la più piccola in mezzo a ragazzine adoloscenti ma mi ci aveva mandato la mia insegnate perchè ero brava. era in un altro paese e costava il doppio della mia scuola di danza così dopo mesi di lotte familiari, pianti e una tentata fuga con zainetto in spalla pieno di barbie, diario segreto, succo di frutta e panino di salame, decise che no... non ci sarei andata. Bisogna però obbiettivamente anche dire che mia madre non ha mai lavorato, nemmeno negli anni in cui mio padre era trapiantato e quando ha avuto qualche soldo in più in tasca se l'è sperperato al gioco del Lotto vincendo ma anche perdendo considerevoli cifre. che mia nonna le ha versato i contributi volontari per un tot di anni, che le ha aperto una cartoleria sponsorizzandola finchè non hanno chiuso in perdita, che non si sono mai dovuti comprare una macchina, che la mia cameretta nuova così come i condizionatori in casa, la casa per il mese di agosto al mare e tante altre cose le hanno avute gratis e che se i genitori di mio padre non avessero avuto modo di fare tutto questo lei probabilmente si sarebbe dovuta spaccare la schiena per sopperire a un misero stipendio di mio padre e avremmo avuto una vita ben peggiore. E va sopratutto ricordato che nessuno mai le ha impedito di smettere con quella vita in nessun momento. che quel settembre là avrebbe potuto andarsene, che anni dopo avrebbe potuto farlo, che quando io ero piccola avrebbe potuto farlo, che quando poi se n'è andata quando avevo quattordici anni, avrebbe potuto non tornare. 

...to be continued

6 commenti:

  1. Io ho un nodo in gola...e ti voglio bene più di prima.

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  2. Che storia da brividi...Micol devi essere davvero una persona speciale!!

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  3. E' coraggioso decidere di mettere per iscritto le proprie radici, a volte non c'è niente di più doloroso. Ma è anche l'unica cosa che ci può far progredire come persone: capire da dove veniamo per decidere dove vogliamo andare e come vogliamo essere. Ti abbraccio!!!

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  4. Provo grande rispetto per te che hai vissuto tutto ciò perché a modo mio ti capisco benissimo e provo parimenti immensa pena per tutte queste creature vissute in mondi, ambienti e situazioni che ne hanno per sempre segnato la vita...a loro e ai discendenti. Mi interessa molto il nodo di affetto che ti lega a tuo padre e la rabbia e la non stima che hai per e di tua madre. Che bel caos.
    Un abbraccione forte

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  5. non scgliamo da dove veniamo, ed il fango che i nostri natali ci getta addosso, non è colpa nostra.
    tu sei splendida al di là di questo, e non è facile esserlo con intierezza e verità

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  6. micol sono anni che non ti leggevo, mi hai dato un pugno al cuore con questa pagina ... ma grazie di cuore! sb

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Io sono per l'insulto libero quindi, dai, che è gratis.. e non c'è neanche il codice captcha!